L' origine del termine hacker, e la loro filosofia

In questo articolo andremo ad analizzare alcune informazioni, curiosità, notizie che alcuni di voi magari già conosceranno, ma che comunque troverete sicuramente interessanti e utili per aumentare la conoscenza informatica.

 

Origine del termine “hacker”

 

Prendendo spunto dal libro “Ombre asimmetriche – La guerra cibernetica e i suoi protagonisti” vorrei illustrare l'origine del termine hacker e ciò che questa parola raffigura attualmente.

 

 

Il termine hacker nacque alla fine degli anni '50 all'istituto MIT, ed indicava una persona dedicata ad attività rilassanti e allo stesso tempo stupide, oppure a goliardate spiritose e innocue. Col tempo, il verbo “to hack” cominciò ad indicare tutte quelle attività che aiutavano gli studenti di quell'istituto così duro e competitivo a scaricare la propria tensione e ad opporsi all'autorità costituita. In effetti, in quegli anni, “to hack” indicava il riuscire ad aggirarsi tnella vastità dei corridoi e sotterranei presenti nell'istituto, senza far molto caso ai cartelli che proibivano l'accesso in determinate zone.

Il vero collegamento con la tecnologia, venne assunto quando, verso la fine del decennio, cominciò ad essere usato dagli studenti che facevano parte al 'Tech Model Railroad Club' (gruppo dedicato al modellismo ferroviario) in cui gli hacker erano gli addetti alla gestione dei circuiti elettrici, riuniti nel comitato 'Signals and Power'. Riuscire ad ottimizzare le prestazioni dei trenini, cercando di diminuire il dispendio di fatica ed energia, divenne una sorta di sfida tra di loro, e questo gioco teso al miglioramento venne chiamato “hacking”.

 

Quando poi al MIT arrivò il primo computer (TX-0), gli hacker del 'Signals and Power' concentrarono le proprie energie in questo nuovo “gioco”. Di conseguenza abbandonarono i circuiti per i software, maneggiandoli e modificandoli, e cercando di renderli veloci e divertenti. Fu proprio in questo contesto che nacque il primo videogioco interattivo, Spacewar. Era un gioco divertente e molto sofisticato dal punto di vista della programmazione, ma soprattutto diffuso gratuitamente a chiunque volesse utilizzarlo.

 

E proprio questa è una delle caratteristiche fondamentali che i veri hacker non hanno mai abbandonato. L'etica hacker si basa infatti su cinque principi fondamentali:

 

  1. L'informazione vuole essere libera

  2. Diffida dell'autorità

  3. Gli hacker devono essere giudicati in base alle loro azioni, e non su pregiudizi o gerarchie sociali

  4. Attraverso il computer puoi creare arte e bellezza

  5. Il computer può cambiarti la vita in meglio

 

Il caso più celebre di hacking contemporaneo

 

Qual'è uno tra i più celebri casi di hacking nei nostri tempi?

Beh, senza dubbio vedere come i 5 punti appena citati siano stati rispettati in ogni loro aspetto da Linus Torvarlds, il giovane finlandese che ha progettato il sistema operativo Linux, il quale è stato perfezionato ed esteso con l'aiuto di hacker in tutto il mondo, che lo hanno sviluppato, migliorato, studiando le potenzialità, e le debolezze. In questo modo, gratuitamente e con l'aiuto di molti hacker nel mondo, è stato possibile “hackerarlo”, per poterlo rendere il più inattaccabile possibile.

 

 

Filosofia hacker

 

Il principio più importante per un hacker, abbiamo detto, e che l'informazione e l'informatica devono essere liberi.

E il fatto che tuttora Linux sia disponibile gratuitamente rientra appunto nella tipica visione hacker del mondo, secondo cui non è possibile che solo in pochi detengano le chiavi di quello strumento indispensabile alla conoscenza, l'informatica, e lo vendano ad altri dietro pagamenti in denaro.

Questo è un aspetto fondamentale della filosofia hacker: raramente un hacker puro agisce dietro motivazioni economiche.

Come Linus Torvarlds, ma anche i promotori del progetto GNU (GNU's not Unix), che ha dato vita ai concetti stessi e ai primi esempi di freeware, open source e open software, nonché i fondatori e creatori di Netscape (attualmente Mozilla Firefox) che, come Linus Torvalds, diffondevano gratuitamente il loro browser di navigazione.

 

Risulta quindi evidente come la distinzione tra hacker e cracker nella maggior parte dei casi tende ad essere molto sottile. Poche persone agiscono come Linus Torvalds, mentre molte altre compiono azioni che, pur non avendo un ritorno economico, comunque sono illegali.

 

Attualmente, le attività hacker svolte “a fin di bene”, sono state definite con un nome specifico: hactivism. Gli hactivisti sono mossi dalle intenzioni, ma le loro azioni sono comunque illegali.

Facciamo un esempio per capire meglio...

Se un hactivista si connette ad una rete peer to peer e riesce ad identificare in pochi minuti una persona che scambia ad esempio materiale razzista, può attaccare direttamente il suo computer, ma non può fare molto altro; questo perchè la polizia non accetterebbe la sua denuncia, basata su informazioni raccolte su mezzi illegali.

 

In fin dei conti, se pur utilizzando metodi illegali, gli hacker cercano sempre obiettivi per il miglioramento della società, mai per distruggere, ingannare o guadagnare.

 

 
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